In base ad un vecchio contratto di quartiere stipulato tra il Comune di Brescia e la Regione Lombardia la Torre Tintoretto doveva essere abbattuta ed al suo posto rinascere non si sa esattamente che cosa! Si, perchè in effetti nell’arco di 5 anni di amministrazione Paroli, oltre ai proclami dell’Assessore leghista Massimo Bianchini, sul futuro dell’area della contestata torre non ci sono mai state le idee molto chiare. All’inizio si parlò di una schiera di villette di edilizia residenziale, poi si disse meglio niente ed intanto le opposizioni scalpitavano dicendo che sarebbe stato ridicolo distruggere un immobile relativamente recente ed il suo patrimonio abitativo di ben 185 appartamenti.
Per l’Assessore Bianchini però sussisteva un fantomatico “disagio sociale” che si intendeva combattere con cariche di tritolo per la demolizione controllata dell’immobile e la dislocazione in oltre 120 siti distribuiti nell’intera Città dei residenti costretti a lasciare gli appartamenti della Tintoretto.
Ovviamente tutto questo ha avuto un costo per la collettività bresciana in quanto questi traslochi prevedevano anche un “accompagnamento” degli ex inquilini della torre Tintoretto nelle nuove residenze. Naturalmente allo stato attuale sembra che piuttosto che dislocati nell’intera area urbana i residenti sembra che siano solo stati “spostati” in maggior misura nel nuovo quartiere di Sanpolino o comunque nella zona di San Polo disattendendo la promessa di “spalmare” (testuali parole dell’Assessore) i residenti in tutta l’area urbana.
Il fatto che oggi Sanpolino sia un quartiere abbastanza tranquillo, come San Polo e San Polo vecchio dimostra chiaramente che il disagio sociale sbandierato come giustificazione di un’operazione da 40 milioni di Euro di soldi pubblici, forse non esiste e non è mai esistito.
E’ vero che la Tintoretto aveva bisogno di una ristrutturazione e forse anche di una riqualificazione ma di essere demolita sicuramente no, a meno di non volere trasformare questa operazione nel più costoso spot elettorale leghista degli ultimi tempi.
Verificato e dimostrato che il disagio sociale era solo una pura fantasia politica rimane adesso la clamorosa notizia di un accordo siglato in questi giorni tra ALER e Comune di Brescia nel quale vengono stabiliti i criteri per la vendita dell’immobile. Il valore commerciale sarebbe di circa 18 milioni di Euro complessivi con in più la “prescrizione” che non potrà essere utilizzato per edilizia popolare destinando non oltre 99 appartamenti per abitazioni ed i restanti per uffici.
Alla decisione di vendere si arriva dopo ben 5 anni di ripicche fra maggioranza che voleva demolire e opposizione che suggeriva di vendere.
Adesso, proprio al termine del mandato elettorale, con una incredibile saggezza il Comune di Brescia vede nella vendita la soluzione più idonea: lo sarebbe stata certamente 5 anni fa quando il mercato non attraversava la crisi che attraversa oggi e che mette in dubbio che esista qualche realtà commerciale in grado di investire 18 milioni di Euro nel settore (in piena crisi) dell’edilizia.
Per adesso Brescia si ritrova con un immobile da 185 appartamenti vuoto e con i costi di “accompagnamento” dei suoi ex inquilini nei nuovi alloggi a carico delle casse comunali in attesa di un acquisto da 18 milioni di Euro che di questi tempi suona più come un’operazione di fantasia che del mondo reale!